Consolidamento e Restauro
dell'Abbazia di San Lorenzo dell'Ardenghesca
a Civitella Marittima (GR)
Chi percorre l’attuale strada Siena-Grosseto difficilmente riesce a scorgere dall’alto del cavalcavia, nei pressi di Civitella Paganico, cio’ che resta dell’Abbazia benedettina di San Lorenzo; essa è infatti posizionata in basso, lungo il torrente Lanzo, sull’antica via di comunicazione che collegava Siena con la maremma. I documenti la definiscono "al Lanzo" (dal nome del torrente che le scorre vicino) o "Ardenghesca" (dal territorio cui appartiene). In base ad una bolla di papa Celestino II del 1143 è possibile stabilire che nel 1063 l'abbazia già esisteva, e gli studiosi (in particolare P.ANGELUCCI MEZZETTI, Un'abbazia benedettina nella Maremma senese: San Lorenzo dell’Ardenghesca XII-XV sec., Bollettino della Società Storica Maremmana, 49/50, 1986, pp. 7-42, 56/57 e 1990, pp. 7-28), ritengono sia stata fondata dalla famiglia comitale degli Ardengheschi, appunto verso la metà dell'XI secolo.
Quello che attualmente rimane della vecchia struttura dell’Abbazia rappresenta tutt’oggi una delle testimonianze piu’ importanti dell’architettura romanica toscana. Dell’antico complesso monastico rimangono i fabbricati, piu’ volte rimaneggiati nel corso dei secoli, e la Chiesa con la splendida facciata in pietra. Quest’ultima presenta alcune decorazioni uguali a quelle presenti nell’Abbazia di Sant’Antimo. Originariamente a tre navate e tre absidi, S. Lorenzo fu ridotta ad una sola navata a seguito di varie ristrutturazioni; ancora oggi lungo le navate laterali sono presenti archi a tutto sesto che attestano l’originario impianto architettonico. La copertura è del tipo a capanna con capriate in legno; probabilmente è stata ricostruita nel XVI secolo a seguito delle varie modifiche effettuate; la stessa abside è priva della tipica calotta sferica ed è coperta da travi a raggiera. (N.V.)
«La parte più interessante dell'edificio religioso, a proposito della quale gli studiosi hanno sempre sottolineato l'influenza dell'abbazia di Sant'Antimo, è la facciata. In essa si distinguono infatti alcuni particolari decorativi che derivano la loro ispirazione direttamente dall'importante monastero chiusino. Basterebbe d'altronde la sola vicinanza geografica a spiegarli, ma troviamo nei documenti numerose testimonianze dei rapporti che intercorsero tra i due monasteri, fra l'altro accomunati dal fatto di essere stati quasi contemporaneamente beneficiati dalla famiglia degli Ardengheschi, se non addirittura dallo stesso personaggio. La facciata riflette esternamente la tripartizione interna attraverso le semicolonne addossate ai lati del portale d'ingresso, che anticipano i pilastri delle navate, ed attraverso i suoi spioventi, che sembrano spezzarsi così da circoscrivere, nel loro culmine, un piccolo frontone, delimitato inferiormente da una cornice modanata. Al centro di quest'ultimo si apre una monofora a doppia strombatura, nel cui profilo più esterno si inserisce un cordone cilindrico che, inframmezzato da due piccoli capitelli, prende l'aspetto di un archivolto sorretto da due colonnine. Italo Moretti ha più volte ricollegato questa tipologia, che ricorre con una certa frequenza nel territorio senese, a Sant'Antimo. Soprattutto la parte inferiore della facciata, che fa da cornice all'ingresso principale, risente in maniera diretta dell'influenza del monastero»
(G.MARRUCCHI, Chiese medievali della Maremma grossetana, Empoli 1998, pp.91-92).
Originariamente era costituita da tre navate e tre absidi cosi’ come si evince dai resti delle murature perimetrali ancora oggi visibili e dall’esistenza degli archi a tutto sesto presenti sui muri perimetrali. Tale impostazione rappresenta una particolarità perché non è consueta nelle chiese monastiche della zona che presentano una pianta a croce latina.
Il crollo è stato generato dal cedimento di una delle capriate a seguito di infiltrazioni d’acqua in corrispondenza dell’appoggio della capriata adiacente al campanile a vela.
Il progetto di consolidamento della copertura dell’Abbazia di San Lorenzo all’Ardenghesca, è stato redatto a seguito del crollo di una parte della copertura interessando la parte centrale della Chiesa ricoprendola di detriti e macerie.
Un attento rilievo aveva mostrato alcun segno di cedimento della muratura interessata dal crollo ma allo stesso tempo aveva evidenziato un evidente fuori piombo dell’intera parete (4 cm ogni 2 mt.). Per questo motivo è stata posta particolare attenzione alla verifica dell’ammorsamento dei tutte le capriate esistenti su tale paramento murario: anche la seconda capriata, dall’ingresso della Chiesa, manifestava un principio di distacco dalla muratura.
Il sistema di collegamento fra le parti costituenti la struttura risultava alquanto compromesso (sistema copertura-muri perimetrali). I lavori hanno quindi previsto il consolidamento dell'intera copertura lignea con l'inserimento di catene trasversali a livello delle capriate per evitare meccanismi di ribaltamento dei muri perimetrali; inoltre le falde di copertura sono state ammorsate alla muratura attraverso l'inserimento di connettori in acciaio.